L’arte del ferro
L’Agordino si è rivelato nel passato ricco di giacimenti minerari importanti per la vita economica dei paesi, per l’occupazione e per una discreta immigrazione anche dalla Germania.
Particolarmente pregiata per l’alto tenore del minerale era la siderite estratta dalle miniere del Fursil, nel territorio di Colle Santa Lucia. Queste miniere erano così ricche e produttive che nove forni fusori potevano ardere contemporaneamente; di questi otto appartenevano ai Veneziani e solo uno, quello di Andraz, al vescovo di Bressanone. Il ferro ottenuto era detto “ferro dell’agnello” perché portava impresso l’Agnello Pasquale, stemma dei principi vescovi di Bressanone, proprietari delle miniere. E di “ferro dell’agnello”, prodotto dai forni di Caprile, si alimentò la rinomata fabbrica di spade di Alleghe. Dopo quasi sei secoli, nel 1778, le miniere del Fursil furono chiuse per mancanza di legname per fondere e colare il ferro. Anche oggi tuttavia proprio nell’alto Agordino, a Sottoguda, è attivo l’artigianato artistico del ferro battuto.
Anche nella Valle del Biois, alla confluenza della Liera col Biois, nella località il Forno fu attiva per circa quattro secoli un’attività fusoria (1350 – 1748) che estraeva il metallo dal minerale della Valle di Gares: una produzione inferiore a quella del Fursil per quantità e qualità, ma localmente importante.
Più famose di tutte furono le miniere della Valle Imperina, alle porte di Agordo, attive fino alla metà del secolo scorso. Le belle costruzioni del villaggio minerario, cadute in decadenza, vengono ora recuperate con un’attenta opera di ristrutturazione allo scopo di fornire ambienti per ospitare un museo minerario ed edifici per la ricezione e la ristorazione. Il recupero di quest’area di archeologia industriale così si sposa bene con la vocazione prevalentemente turistica dell’intera vallata.